jueves, 9 de marzo de 2017

L'emigrazione, de Mons. Geremia Bonomelli, Vescovo di Cremona (1896)



«Senza mandare innanzi una sola parola di introduzione vi annuncio, o dilettissimi, l’argomento, che tolgo a trattare in questa Lettera Pastorale, che secondo l’uso antico e comune della Chiesa vi indirizzo all’avvicinarsi del tempo sacro della Quaresima: l’argomento è l’Emigrazione. M’affretto a significarvi anche le ragioni, che mi indussero a dare la preferenza a questo argomento sopra molti altri, che mi si affacciavano alla mente.
Sono parecchi anni ch’io andava mevo stesso coltivando il pensiero di ragionarvi di questa emigrazione delle nostre campagne, che or cresce, or scema, ma non cessa mai del tutto e che gli uni è un bene, per gli altri è un male e per non pochi passa come un fenomeno inosservato, perchè quasi ordinario e del quale non vale la pena occuparsi. Strano contegno quello di questi ultimi! Come se la partenza dall’Italia di 100,000 persone ogni anni, quanti in media sono gli emigranti, fosse un fatto di nessuna o lieve importanza pel nostro paese.
Se non che l’anno, che testè chiudevasi, l’emigrazione presso di noi ha presentato un episodio assai tristo, che trasse sopra di sè l’attenzione delle persone serie, non tanto pel numero degli emigranti, quanto per le dolorose vicende, onde parecchi di loro furono vittime. Alla vista di quelle infelici famiglie di emigranti obligate a partire ed impotente a partire, ricoverate quà e là, com’era possibile in quelle distrette, bisognose di tutto, gli uomini di cuore e che ragionano sentirono la necessità e il dovere di studiare un po’ meglio questo fenomeno ormai pemanente della emigrazione e far si che più oltre non abbiano a rinnovarsi i brutti casi e le scene miserande, che contristarono alcune parrocchie. È questo il primo e principale motivo, che mi induce a fare della emigrazione il soggetto di questa Lettera.
Se ne aggiunge un altro: qualunque persona anche solo mezzanamente istruita troppo bene deve comprendere come il fatto della emigrazione sia strettamente legato a tutte le questioni economiche del lavoro e del salario, dei sistemi di agricoltura e quindi della questione sociale, che muta le forme, ma in sostenza è sempre la stessa e che (non si illudano i padroni e gli affittuali) agita sempre le nostre popolazioni agricole. Tante braccia, che la emigrazione sottrae al lavoro, il vuoto che resta, i molti interessi mutati, alcune famiglie separate, parte qui e parte in America, non possono essere indifferenti rispetto al lavoro, al capitale, alla produzione e al consumo e quindi alla economia politica[1]. Ma questo è il lato meno grave della emigrazione.
Il lato più grave per chiunque abbia a cuore i veri e più vitali interessi del popolo, massimamente pel Vescovo, è senza dubbio il lato morale e religioso, che non è possibile separare dal nuovo stato materiale, in cui troppo spesso trovansi quasi incosciamente gittati i nostro poveri emigranti. E non si tratta già di alcune decine, ma di parecchie centinaia e migliaia di uomini e di donne, che ogni anno colle loro famiglie abbandonano per sempre l’Italia e salpano per la lontana America. Come rimanere insensibili a questo spettacolo di sì grande moltitudine, che volge la spalle all’antica patria e va in cerca di un’altra, che conosce appena di nome? Come non commuoverci al pensiero dei patimenti morali, questo strappo della patria deve cagionare in tanti nostri fratelli? Come non volgere un mesto pensiero ai disagi ed ai pericoli della lunga navigazione, specialmente per le donne e pei bambini, e alla sorte sì incerta che attende tanti esuli volontari sulle spiagge del Continente americano? Soltanto un uomo senza cuore, senza filo di amore e di pietà pei fratelli sofferenti, che non sa cosa sia patria, può mirare con occhio indifferente quelle lunghe file di vagoni trasportanti a Genova tante famiglie dei nostri sì buoni e sì laboriosi contadini.»

Mons. Geremia Bonomelli, Vescovo di Cremona. L’emigrazione. Cremona: Tipografia Giovanni Foroni, 1896.






[1] In una sola parrocchia della Diocesi, di 3000 anime, posta in una plaga assai ricca, nel periodo di pochi anni, emigrarono circa 500 persone, il sesto della popolazione. Questo fatto, che appresi dal Parroco, basta a darvi un’idea delle proporzioni, che l’emigrazione assume tra noi.

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