jueves, 31 de mayo de 2012

Chitarrino e Tirindello. Storia quasi vera di due birichini in America, de Collodi Nipote (Paolo Lorenzini), 1909

"In Calle Corrientes, vicino al Politeama, uno fra i più grandi teatri della città, c'era, e credo vi sia ancora, un caffè frequentatissimo, e quasi esclusivamente da italiani: è un grande stanzone, così scuro anche di giorno, che appena ci si vede; ingombro di sgabelli e di tavolini male in gambe, e guarnito torno torno da vecchi divani coperti d'incerato nero. Da una parte, dinanzi ad uno scaffale intarlato pieno di bottiglie d'ogni colore e grandezza, vi è il banco del caffettiere, e in fondo alcune porte che mettono in varie stanze, grandi, abbastanza illuminate, dove si dànno convegno i giuocatori di toppa, di macao, di piattello, di passatella ed altri simili giuochi che vanno, più di una volta, a terminare con una coltellata, o con un colpo di rivoltella. In quella bottega di caffè si raduna il fior fiore della feccia coloniale.
Uno che vi entri per la prima volta se galantuomo non vi ritorna, e se vi ritorna, in pochi giorni entra nel branco. Vi si vedono tutti i tipi caratteristici delle varie regioni d'Italia, e vi si sentono parlare tutti i dialetti. Vi si trovano giovani sulla ventina e uomini maturi, facchini, operai, camerieri a spasso, manutengoli, negozianti di ciarpami e rigattieri, vagabondi senza nessun mestiere e molti recien llegados che scoraggiati, per non esser riusciti in pochi giorni a trovarsi un mezzo onesto per vivere, ne vanno a cercar lì uno più facile, senza badar tanto per la sottile. Se sapeste, ragazzi miei, quanti colpevoli fabbrica (dirò così perchè mi intendiate) questa benedettissima America! 
Non è mica vero che tutti i cattivi, e tutti i delinquenti chi vi si trovano sieno fuggiti là per sottrarsi a qualche condanna avuta nei loro paesi. Ve ne sono molti anche di quelli, ma ve ne son pur tanti partiti dalle loro case galantuomini, onesti, con le migliori disposizioni al lavoro e con i più fermi propositi di procurarselo in ogni modo, e a costo di qualsiasi sacrifizio, e finiti malviventi della peggior specie laggiù, o perché trascinati dal cattivo esempio o perchè travolti dalle dure necessità della vita.
L'America è il sogno dorato di tutti i giovinetti. Non ve n'è uno, che montato dai discorsi di questo o di quello, oppure da libri malsani, non sogni le cave d'oro o di brillanti, gli zii favolosamente ricchi, le facilissime fortune, la vita fortunosa e spensierata in mezzo alle Pampas, i misteri terribili, e le facili glorie. Anch'io fanciullo ne ho vagheggiato il miraggio seduttore, e giovanotto ne ho provato le delusioni dolorosissime.
Vi son molti, vedete, ragazzi miei, che del sogno di bimbo fanno il fermo proposito dei primi anni della vera vita, e che partono per il paese tanto desiderato, con le medesime idee che si formarono nelle menti loro ai primi sogni, alle prime letture. Appena giunti poi su quella terra, trovandosi dinanzi alle grandi difficoltà della vita, che sono uguali, precise ormai in ogni parte del mondo, e trovandovisi impreparati, incapaci a superarle con quei mezzi che la buona volontà, l'intelligenza e il lavoro, mettono a disposizione di qualsiasi individuo, o diventano atorranti o allievi di qualche mariuolo già bollato dalla giustizia umana, in una delle tante scuole, come quella che mi sono accinto a descrivervi, nel famoso caffè di Calle Corrientes."

Collodi Nipote (Paolo Lorenzini), Chitarrino e Tirindello. Storia quasi vera di due birichini in America. Séguito al Testamento di Berlingaccio e alle Avventure di Chifellino. Firenze, Biblioteca Bemporad per i ragazzi, 1909.

Fotografías:
Avenida Corrientes, en la década del 30, apenas ensanchada.
Esquina Calle Suipacha y Avenida Corrientes.
Pizza en La Boca, 1929.
Café de los Inmortales, Avenida Corrientes, 1922.

miércoles, 30 de mayo de 2012

Il Testamento di Berlingaccio, de Collodi Nipote (Carlo Lorenzini), 1902

"Era l'ultimo di gennaio, quando arrivammo nel grandissimo porto Madero, dinanzi all'immensa città di Buenos Aires. Faceva un tempo splendido, con un sole limpido, terso, che metteva allegria. Il caldo era abbastanza sopportabile. Nell'onda viva di luce la città brillava bianchissima, come se fosse tutta nuova, e pareva anche più bianca fra il verde dei giardini che si vedevano perdersi in lontananza.
Si scorgeva già nettamente la Casa de Gobierno tutta rosa, grandissima, che spiccava nitida in mezzo a quel vasto panorama rifulgente, e pareva che quella casa sede di un altro governo, rappresentanza di un altro popolo, ci chiamasse, mettendoci dinanzi agli occhi come una promessa, col suo vago colore, il mondo di sogno e di speranze che ci avevano fatto abbandonar la patria, il nostro campo, l'ossa dei poveri morti che dormivano laggiù.
Io che nel lasciar Genova piansi di commozione, quando misi piede su quella nuova terra piansi di vero dolore. A lasciare quel bastimento su cui avevo vissuto per un mese intiero, considerandolo, nella mia piccola mente, come un lembo della terra che mi aveva visto nascere, sentii nell'anima il presentimento che quella terra non l'avrei più riveduta, e che l'Oceano mi avrebbe confinato per sempre in quel nuovo mondo, verso il quale la speranza e la disperazione mi avevano spinto."

Collodi Nipote (Paolo Lorenzini), Il Testamento di Berlingaccio. Storia di un piccolo emigrato. Séguito alle avventure di Chifellino. Firenze, Biblioteca Bemporad per i ragazzi, 1902.

Fotografía: Desembarcadero de la ciudad de Buenos Aires.

jueves, 17 de mayo de 2012

L'emigrazione italiana. Immagini e canzoni. 1829-1924

Film sobre la emigración italiana realizado por Marcello Bonitatibus, presidente de la Associazione Culturale Pietro De Stephanis di Pettorano sul Gizio

Primera parte

 

Segunda parte


Tercera parte


Cuarta parte


Quinta parte


Sexta parte



Los nombres de la tierra, Lermo Rafael Balbi (1985)


"Y era luz nomás, si uno se ponía a pensarlo atentamente, pero en ese momento, en el mismo vórtice del resplandor comencé a comprender yo que había allí algo superior que provenía de la eternidad, lo cual, muchos años más tarde me angustiaría por no precisar en mi madurez algún detalle que la hiciera patente y significativa como en los tiempos de nuestra infancia. Ésa era mi raza que comprendía entonces con la incontenible maravilla de la inocencia juvenil, que comprendí después con la grande y alible nostalgia de la memoria adulta, Era yo ese niño al pie de la torre dorada, entonces, y aún no eran tan distantes los tiempos de las primeras siembras y de las primeras cosechas y sin embargo no había otra forma de enmarcar a toda esa gente que en los espacios bíblicos como lo habían vivido esos piamonteses de cabeza dura y pies enormes llegados con la azada y la mancera. En alguna pared colgaba todavía el sementero del abuelo que contuvo los primeros granos arrojados al surco, y en algún galpón dormitaba polvorienta la rueca que no hilaba más el rústico vellón. Fabulosa visión de arco iris y carne traspasada de luz, gigantes de mi memoria lontana, serafines cerriles, heridos de rastrojos, marcados por el sol, que pisaban la tierra con sus enormes dedos separados como si la tierra fuera su hembra o su amada imposible. ¡Hombres y mujeres que adoré, debía hacerles mi propio monumento alguna vez con esa misma luz comprendida de eternidad entrevista en medio de la vulgar rutina del tiempo terrenal!"


Balbi Lermo Rafael, 1985, Los nombres de la tierra, Fondo Editorial Municipal, Santa Fe.

jueves, 10 de mayo de 2012

Crónica gringa, de Jorge Isaías (1976)


Bersagliere 

Se allega a mi memoria
el tierno dialecto que nunca le oí
a mi abuelo Antonio, el del ademán
bonachón, muerto en estas pampas
con veintinueve años y una esperanza sutil.
¡Un hombre que combate
el trono de los Habsburgo en la Primera Guerra,
y sufre las prisiones autrohúngaras
por años, se muere en feraz llanura
donde sobra el canto de los tordos
y el Otoño ensucia con sus hojas
la pulcritud del patio!
Antonio Di Rado, un bersagliere
con medallas en el pecho.
El mismo que me mira hace treinta
y cuatro años
desde una fotografía amarillenta,
como no pudiendo creer en esta muerte
metiendo su tristeza en la ranura de mis versos.

Isaías, Jorge, Crónica gringa. Santa Fe: Universidad Nacional del Litoral, 2000 (5ta edición).

miércoles, 9 de mayo de 2012

Si hubiéramos vivido aquí, de Roberto Raschella (1998)



"-…Quiero que me digas ya si soy de esta tierra o de otra tierra.
-Quédate en ella, y sabrás. No te separes mientras no te haya herido profundamente. No vuelvas cortado verde a tu país. Y si vuelves, no escapes nunca más. De ese modo, serás más hombre, serás más infeliz todavía. [...]
No vuelvas, no vuelvas a ninguna tierra ya perdida para los hombres. […] Déjate llevar entonces por tus pasos, los fuertes pasos que conducen a madurez, ya que no has padecido destierro violento. No te preguntes adónde has llegado, y si allí regirá el infinito azul o necesitarás ser tan responsable como irresponsable te muestras para sobrevivir. Debes comprender: los hombres han muerto a millones lejos de sus patrias, con el castigo más negro que es posible recibir… no ver, no ver nada, enceguecer en los mil senderos de todos los días… Recóbrate hijo… Lleva tu mano al sitio en que todavía floreces. Abandona el horror de nuestro pasado… abre tus ojos con ardiente tenaza… abre tus ojos y no aceptes que te arrastren con las rodillas en tierra…"
Raschella, Roberto, 1998, Si hubiéramos vivido aquí, Buenos Aires, Losada.

viernes, 4 de mayo de 2012

El mito de la colonización de las tierras


Utopías y especulaciones.
Advertencias en el Manuale dello emigrante italiano all'Argentina (1913).

Il sogno dell'emigrato [1]
Dinanzi a tanti esempi di colonizzazione propriamente detta, e tenendo conto del leggittimo desiderio dell'emigrato, di possedere un lotto di terra, è naturale la vostra domanda: - Che probabilità ho io, ultimo arrivato, di poter possedere uno di questi lotti? - Vi rispondo che nelle terre particolari la probabilità non è veramente molta, non perchè manchi terra da vendersi, ma perchè la speculazione ne ha elevato il prezzo molto al disopra della potenzialità finanziaria dell'emigrato, specialmente nelle località più centrali della Repubblica.

I territori
Questa probabilità cresce man mano che ci si allontana dai centri più popolati e si procede verso i Territorios, ancora per massima parte disabitati e non tutti adatti all'industria agricola propriamente detta. Il Governo argentino si preoccupa molto di questa difficoltà che incontra l'immigrante nel collocarsi e si sforza a costituire nuove colonie sullo stampo di quelle antiche, che tanto impulso dettero all'agricoltura; ma gli sforzi non sono ancora coronati di buon risultato; perchè certe terre poco fertili, dei territori, per es., della immensa Patagonia, non sono colonizzabili come erano quelle del centro della repubblica, le quali davano lavoro e pane a una densa popolazione agricola.

Terra governativa
Senza subbio il governo argentino, possiede moltissima terra, che noi diciamo demaniale, e all'Argentina chiamasi fiscale, e nel 1903 fu appunto votata una legge, alla quale tenne dietro il relativo regolamento, per riservare e distribuire le terre da colonizzarsi.

La legge delle Terre
Conviene che io vi dichiari subito che, per quanto sieno vastissime le zone di terra demaniali (fiscal) di cui il paese ancora dispone, pure non è molta la terra suscettibile di essere colonizzata per suddivisione in piccoli lotti, ed il cui prezzo sia quindi in relazione alla tasca dell'emigrante.
Oltracciò la qualità della terra, o per essere situata troppo al nord (Chaco, Formosa, Misiones), in clima caldissimo e disadatto all'europeo in genere, o per essere troppo al Sud (Patagonia), e battuta da venti incessanti, che non permettono alla vegetazione di prosperare, poco si presta alla colonizzazione agricola propriamente detta.
Tale terra il governo argentino la vende sì, ma non all'immigrante, che non potrebbe acquistarla, nè ha denaro per farla fruttare, ma all'industriale-rurale, al capitalista, il quale la destina all'allevamento delle pecore, il solo animale che possa vivere del prodotto del suolo in quelle latitudini.
Di terra veramente colonizzabile dall'europeo, e che possa essere da lui acquistata a respiro, poca, assai poca, ripeto ve n'è in Argentina.


El sueño del emigrado[2]
Frente a tantos ejemplos de colonización propiamente dicha y, teniendo en cuenta el deseo del emigrante de poseer un lote de tierra, es natural y razonable la pregunta: ¿Qué posibilidad tengo yo, un recién llegado, de acceder a uno de estos lotes? Le respondo que en las tierras particulares no hay muchas probabilidades; no porque falte tierra para vender sino porque la especulación ha elevado el precio mucho más allá de las posibilidades financieras del emigrante, especialmente en las zonas más prósperas de la república.

Los territorios
Esta probabilidad crecerá sin embargo en la medida que se tome distancia de los centros más poblados y en dirección de los Territorios, todavía casi deshabitados y no todos aptos para la industria agrícola propiamente dicha. El gobierno argentino se preocupa por las dificultades que encuentra el emigrante para colocarse y se esfuerza por construir nuevas colonias a la manera de las antiguas, que tanto impulso dieron a la agricultura. Pero sus esfuerzos no han dado, hasta ahora, buenos resultados. En parte porque se trata de tierras poco fértiles como es el caso de la inmensa Patagonia. Sin duda, el Estado posee muchísimas tierras que nosotros llamamos demaniale y en Argentina reciben el nombre de tierras fiscales. En 1903 fue votada una ley que regula la reserva y distribución de las tierras para colonización.

La ley de tierras
Conviene aclarar desde un comienzo que, si bien son vastísimas las zonas con tierras fiscales, son pocas las susceptibles de ser colonizadas mediante su división en pequeños lotes a precios razonables para el bolsillo del emigrante; por otra parte, cuenta también el problema de la calidad de la tierra. Situados muy al norte, en el caso de Chaco, Formosa o Misiones, con un clima caluroso y hostil para el europeo en general; o situados muy al sur, en el caso de la Patagonia, azotada por incesantes vientos que no permiten prosperar a la vegetación, estos territorios se prestan poco a la colonización agrícola propiamente dicha. En general son vendidas por el gobierno argentino –no al emigrante, que tiene escasos recursos– sino a capitalistas que tienen dinero para explotarlas y las destinan a la cría de ovejas, el único animal que puede vivir del producto del suelo en aquellas latitudes.
En conclusión: las tierras verdaderamente colonizables por el emigrante y que pueden ser adquiridas a plazos son pocas, muy pocas.


[1] R.Commisariato dell'Emigrazione, Manuale dello emigrante italiano all'Argentina. 2a edizione, interamente rifatta dall'autore: Prof. Arrigo de Zettiry. Roma: Stab. Tip. Società Cartiere Centrali, 1913. 
[2] Manual del emigrante italiano. Traducción, selección y prólogo: Diego Armus. Buenos Aires: Centro Editor de América Latina, 1983.




martes, 1 de mayo de 2012

E sèmm partii, de Davide Van De Sfroos (2001)


Come figli raccolti in braccio
da questa nave che non sa partire,
ricamiamo il mare con lo sguardo a punta,
l’ancora più grossa ce l’abbiamo qui.

Come figli portati a spasso
dalle onde a pezzi che san tutto loro,
verso un orizzonte con il sole al collo,
dondolando sempre, ma cadendo mai.

L’unda de ieer porta l’unda de incöö
l’öcc de un vecc l’era l’öcc de un fiöö.

E sèmm partii e sèmm partii,
per questa America sugnàda in prèssa,
la fàcia dùpia cum
è una munéda
e una valìsa che ch’è deent nagòtt
E sèmm partii e sèmm partii,
cumè tocch de vedru de un büceer a tocch,
una vita noeva quaand finìss el maar
mentre quèla vègia la te pìca i spàll…
E sèmm partii…

Come figli salutati a mano
da questa gente che non riesci più a vedere,
fazzoletti bianchi che non san volare,
non ci seguiranno e resteranno là.

Come figli presi a calci in culo
da una paura con le scarpe nuove
e gli occhi bruciano senza rumore,
non è solo il vento, non è solo il sale.

L’unda de ieer porta l’unda de incöö
l’öcc de un vecc l’era l’öcc de un fiöö.

E sèmm partii e sèmm partii,
per questa America che maja tücc
un gratacieel o una ricultèla
se la furtoena la me baserà.
E sèmm partii e sèmm partii,
cumè una cicàda cuntra la bufera,
se che la foo cambi la mia vita,
se fùndi mea l’è giammò quajcòss.
E sèmm partii....

Come figli raccattati al volo
da questa statua che nasconde il cielo,
ha una faccia dura e ci guarda strano,
sarem poi simpatici alla Libertà?

E sèmm partii e sèmm partii,
per questa America sugnàda in prèssa,
la fàcia dùpia cumè una munéda
e una valisa che gh’è deent nagòtt.
E sèmm partii e sèmm partii,
cumè tòcch de vedru de un büceer a tòcch,
una vita noeva quaand finìss el maar
mentre quèla végia la te pica i spàll
E sèmm parti...

Del album "E sèmm partii".
Imágenes del film "Nuovomondo" de Emanuele Crialese (2006).